Sottovalutiamo la gentilezza?

Pubblicato il 23 maggio 2024 alle ore 23:14

La gentilezza può essere considerata una virtù minore, una qualità della vita quotidiana che spesso passa inosservata e non ha un carattere eroico. È forse una virtù che richiama tempi passati, ricordando le buone maniere e le formule di cortesia che si apprendono in determinati ambienti e che facevano, o fanno ancora, la differenza nella nostra vita sociale.

Ma cos'è realmente la gentilezza?

La gentilezza indicherebbe il tono delle ‘buone relazioni’, che si sviluppano di solito tra persone di una stessa famiglia o, per estensione, di uno stesso clan o popolo, insomma tra ‘altri’che si riconoscono e accolgono a vicenda come ‘simili’, persone legate da una comune appartenenza. Ma la gentilezza riguarda anche la disposizione d’animo e gli atteggiamenti nei riguardi degli estranei, quando li riconosciamo e accogliamo come "amici" e non come potenziali nemici. L’appartenenza comune in questi casi è da intendere come l’appartenere all’unica ‘umana famiglia’, e i gesti gentili appaiono ancora più preziosi.
Essere gentili non vuol dire essere ingenui o sprovveduti ma approcciare le interazioni con l’apertura e la tolleranza necessarie a far maturare possibilità inedite di crescita individuale e sviluppo sociale.

Nelle professioni sociali come si colloca la gentilezza?

Nel contesto del Lavoro Sociale, la gentilezza è essenziale. Essa non è solo una questione di cortesia formale o di buone maniere, ma una profonda disposizione d'animo verso gli altri. 

La gentilezza nel Lavoro Sociale si manifesta attraverso gesti semplici ma significativi: un sorriso accogliente, un ringraziamento, un atto di cortesia.

La gentilezza spesso nasce dall'empatia. Quando comprendiamo e sentiamo le emozioni di un'altra persona, siamo motivati a comportarci in modo accogliente verso di essa. Ad esempio, se vediamo qualcuno in difficoltà e sentiamo la sua sofferenza attraverso l'empatia, siamo più propensi ad aiutarlo.

Folgheraiter definisce l’empatia come la “capacità dell’operatore sociale di avvertire o comprendere cosa prova l’utente, senza lasciarsi trascinare nel gorgo delle sue passioni”.
Approfondendo questo concetto, Rogers definisce l’empatia come l’abilità di “sentire il mondo personale dell’altro «come se» fosse nostro, senza però mai perdere la qualità del «come se». Questa si sviluppa a condizione che la persona sia in grado di decentrarsi da sé.
L’empatia ricopre un ruolo fondamentale nelle relazioni d’aiuto ed è un processo che dura nel tempo. Questo ascolto e percezione dei vissuti altrui può essere così intenso e duraturo che l’operatore può arrivare a vivere i pensieri e le emozioni in maniera altrettanto potente che se li avesse generati lui stesso. 
Esiste un atteggiamento che condivide un confine con l’empatia, ovvero la compassione.
La compassione prevede che l’altro si trovi in una condizione che, ai nostri occhi, appaia spiacevole e negativa. 
Questa risulta essere il passaggio successivo all’empatia, ovvero quando la sofferenza dell’altro spinge ad agire nel tentativo di risolverla, offrire un aiuto o un sollievo. 

Viviamo però in un'epoca veloce, che non lascia molto spazio alla comprensione delle emozioni, siano esse le proprie, siano esse quelle altrui. L'emozione è una reazione affettiva intensa, con una insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale o mentale.

Comprendere le proprie emozioni è il primo passo per riconoscere e comprendere le emozioni degli altri. L'educazione emotiva aiuta le persone a sviluppare l'empatia. 

Come allenarci alle emozioni?

Fin dall'origine dei tempi, le prime comunità, attraverso narrazioni, miti e riti, insegnavano la differenza tra il puro e l'impuro, fra il sacro ed il profano con cui cirscoscrivere la sfera del bene e del male, offrendo quindi la possibilità di comprendere ed orientare le persone nei comportamenti. 

Oggi, per apprendere i sentimenti, non possiamo più ricorrere ai miti, abbiamo però una grande quantità di studi e testi scientifici che descrivono in maniera molto accurata quali e quante siano le emozioni, distinguendo quelle positive da quelle negative, offrendo addirittura tutta una serie di strategie per fronteggiare quei momenti in cui, una di quelle emozioni stia strabordando.

Insomma, c'è molta teoria alla nostra portata.

Non è difficile però creare un parallelismo tra quanto appena scritto e quelle situazioni in cui, durante le nostre prime esperienze lavorative, ci siamo trovati confrontati con quel momento in cui avremmo dovuto trasportare le conoscenze teoriche in pratiche. 

L'allenameno delle emozioni è un percorso di ascolto di sé e ricerca di consapevolezza, richiede una buona dose di pratica riflessiva.

Una educazione emotiva e l'allenamento dell'empatia, possono contribuire significativamente alla costruzione di una società più comprensiva e tollerante, predisposta all'ascolto - verso di sè e verso gli altri - e alla gentilezza.

#ImpegnoSociale

 

Riferimenti

  • Amendola, G., Pallassini,. M. (2020). Il potere della gentilezza. 
  • Feshbach, N., D.Roe, K. (1968). Empathy in six-and seven-year-olds, in Child Development, 39, pp.133-145
  • Folgheraiter, F. (2022). Parole Sociali. Erickson
  • Galimberti, U. (2021). Il libro delle emozioni. Feltrinelli
  • Gensabella Furnari, M. (2022). La gentilezza come respiro delle relazioni umane  in Bioetica e biopolitica nell'orizzonte della complessità. Genova University Press
  • Mearns, D., Thorne, B. (2006). Counseling centrato sulla persona. Teoria e pratica. Erickson
  • Nussbaum, M.C. (2004). L’intelligenza delle emozioni. Il Mulino
  • Pezzoli, L. (2020). Empatia. Salute Mentale. SUPSI DEASS
  • Ripamonti E., (2018). Collaborare. Metodi partecipativi per il sociale. Carocci
  • Rogers, C. (2019). La terapia centrata-sul-cliente. Giunti

Impegno Sociale è un'iniziativa che mira a promuovere la conoscenza del Lavoro Sociale attraverso ricerche, articoli scientifici ed editoriali, offrendo supporto a individui e enti attivi nel settore.

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